A fine estate sul fronte del mercato del lavoro il tema caldo rimane il progetto Garanzia Giovani attivato dal governo nel maggio scorso. A tre mesi dal suo avvio i risultati sono deludenti (per approfondimenti si veda l’articolo pubblicato in questo sito “Se i giovani mancano all’appello”).
È giusto quindi iniziare a riflettere sul perché un progetto così ambizioso, finanziato con risorse non trascurabili, stia fallendo. Magari con qualche aggiustamento si può ancora ribaltare la situazione e rendere più appetibile per giovani e aziende l’adesione. Si perché è proprio questo il punto: né giovani né aziende sembrano troppo interessati ad aderire al progetto.
Perché non decollano né domanda né offerta? Concentriamoci sul primo aspetto.
Il progetto è indirizzato al bacino ormai significativamente ampio dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (NEET). Ma chi sono? Che caratteristiche hanno? Quanti effettivamente potrebbero aderire al progetto e quanti invece molto probabilmente non lo faranno e per quali motivi?
Nel 2013 in Veneto i NEET sono circa 130 mila, in gran parte ragazzi e ragazze tra i 20 e i 29 anni, quindi con un percorso di istruzione obbligatoria completato. Poco meno del 40% si dichiarano in cerca di lavoro (con un 16,4% sul totale alla prima esperienza), mentre il 60% è in una situazione di inattività. Tra questi due terzi (circa 52 mila giovani su 130 mila NEET) non cercano e non sono disponibili a lavorare. Altro dato interessante è il forte sbilanciamento verso la componente femminile (il 63,1%), mentre l’86% ha al più un diploma di scuola secondaria superiore, con una buona parte di giovani con il solo diploma di scuola media.
Inoltre il confronto con il 2008 evidenzia degli aspetti importanti. Rispetto al 2008 (anno positivo per il mercato del lavoro) i NEET veneti sono aumentati di 53 mila unità e l’incremento ha riguardato tutte le categorie (come evidenziato in tabella). In particolare, però, si sottolinea un aumento relativamente maggiore dei giovani disoccupati, ex occupati o alla prima esperienza; dei maschi; dei giovani con titolo di studio medio-alto; dei giovani tra 20 e 24 anni. L’identikit tracciato mostra come con la crisi molti ragazzi con contratti precari siano stati espulsi dal mercato del lavoro e come siano aumentate le difficoltà di primo accesso per coloro che hanno terminato il percorso formativo, soprattutto con titolo di studio elevato.
Fonte: elaborazioni su dati Istat (RCFL).
É chiaro, quindi, come il problema del mismatch tra domanda e offerta si sia amplificato con la crisi economica sia nel caso del ricollocamento dei giovani espulsi sia nel caso della prima esperienza lavorativa. E su questo aspetto Garanzia Giovani, vista la sua struttura, potenzialmente può giocare un ruolo importante o almeno districare l’ingarbugliata matassa delle politiche attive. Ma questo tipo di disoccupazione non è tutto. A questa si aggiunge la disoccupazione legata alla scarsa domanda di lavoro, particolarmente elevata in un contesto di crisi, la disoccupazione o meglio l’inattività “passiva” da scoraggiamento o generata da scelte di vita, spesso “obbligate”.
Chi quindi potenzialmente potrebbe aderire al progetto? Se ai disoccupati si aggiungono le forze lavoro potenziali i giovani che cercano un’opportunità di lavoro e/o formazione, in Veneto, sono circa 78 mila, il 60% dei NEET. Ci si chiede poi se i rimanenti 52 mila (e che rappresentano una fetta importante dei NEET, il 40%) che non cercano e non sono disponibili a lavorare siano realmente interessati all’iniziativa. Questi sono per lo più donne (il 72%), con un titolo di studio al più di scuola secondaria superiore (quasi il 40% con la sola licenza media) e per oltre il 50% con più di 25 anni, che hanno probabilmente preferito la cura della famiglia. Se così fosse né una proposta di formazione né di lavoro potrebbe essere sufficiente o adatta ad incentivarle a rientrare nel mercato del lavoro.
Considerando che al 24 agosto 2014 le adesioni a Garanzia Giovani in Veneto ammontano a 11.909 (1), il tasso di adesione non supera il 10% se calcolato sul totale dei NEET e al 15,3% se stimato sui disoccupati e le forze di lavoro potenziali. Il tasso poi sale al 12% per i maschi e al 15% per i giovani laureati. È chiaro quindi che anche coloro che dovrebbero essere più coinvolti nell’iniziativa non hanno ancora aderito.
Molteplici possono essere i motivi di una così scarsa adesione. Tra i tanti se ne sottolineano alcuni che a nostro parere più di altri potrebbero aver inciso. L’insufficiente livello di informazione e comunicazione che è stato riservato all’iniziativa, alla sua struttura, alle opportunità che offre, sicuramente è uno dei principali motivi. Solo gli addetti ai lavori sembrano esserne a conoscenza. A questo si aggiunge probabilmente la scarsa attrattività delle opportunità offerte e alla loro struttura più orientata alla fase di orientamento e formazione. Se questo può lenire i problemi legati al mismatch tra domanda e offerta soprattutto per i ragazzi alla prima esperienza, per molti giovani la vera richiesta è un posto di lavoro retribuito, soprattutto se già con esperienze di stage o tirocinio maturate. A questo si aggiunge il fattore scoraggiamento o scarsa fiducia nella macchina statale e nelle reali opportunità dell’offerta.
Ci sono, poi, le problematiche legate all’inattività passiva cioè a quei giovani che non cercano e non sono disponibili a lavorare. Quanto è la probabilità che siano realmente interessati al programma europeo? Forse, in questo caso, i problemi da risolvere sono a monte e legati alla conciliazione casa-lavoro.
Infine, potrebbe avere un forte peso, soprattutto per le regioni meridionali, il lavoro irregolare che magari un guadagno lo garantisce a fronte di un percorso incerto e non necessariamente remunerativo (2).
Alcune di queste problematiche si rispecchiano anche dal lato dell’offerta resa magari poco appetibile per scarsa informazione, per caratteristiche del progetto non in linea con le esigenze, per una macchina organizzativa che ancora una volta si è rivelata farraginosa e lenta. Il dato poi a cui si potrebbe dedicare un’ampia riflessione riguarda la bassa adesione delle imprese all’iniziativa che inevitabilmente sta creando un circolo vizioso.
Che destino, quindi, per Garanzia Giovani? Se la speranza è l’ultima a morire allora forse conviene aspettare la pausa estiva e guardare alle statistiche dei mesi autunnali, dopo dei quali, però, non ci saranno più alibi e bisognerà capire se con adeguati aggiustamenti il progetto è recuperabile o se è meglio destinare le risorse altrove.
(1) http://www.cliclavoroveneto.it/statistiche-adesioni